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Incontro dibattito con Michele Boldrin

volantino

 
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Pubblicato da su 31 agosto 2012 in News

 

Il Welfare nella morsa della crisi – La scuola di Modena

Il 26 e 27 maggio al via la IV edizione della Scuola di Modena curata dal prof. Paolo Bosi dal titoloIl Welfare nella morsa della crisi”.
Si affronterà lo studio delle caratteristiche evolutive del sistema di welfare del nostro Paese dopo la grande crisi iniziata nel 2007 e che ancora imperversa. La scuola si avvale come sempre di
docenti di prestigio e grande competenza quali, tra gli altri, Massimo Baldini, Tindara Addabbo, Antonella Picchio e lo stesso Paolo Bosi. Particolare attenzione sarà dedicata ai giovani, ai minori e agli immigrati. Le iscrizioni sono aperte!

 
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Pubblicato da su 12 aprile 2012 in News

 

Dipende da noi. Dissociarsi per riconciliarci

Twitter: #dipendedanoi

Primi firmatari:
Sandra Bonsanti, Claudio Magris, Roberto Saviano, Sabina Guzzanti, Salvatore Veca, Valerio Onida, Gad Lerner, Concita De Gregorio, Roberta De Monticelli, Michele Ainis, Aldo Gandolfi, Filippo Di Robilant, Paul Ginsborg, Giunio Luzzatto, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Gennaro Sasso

Nell’anno in corso, Libertà e Giustizia festeggerà i suoi dieci anni di vita. Faremo il bilancio del passato. Ma ora è urgente progettare l’avvenire e chiarire i nostri compiti, in continuità con l’impostazione originaria dell’Associazione. Si annunciano tempi nuovi e incerti per il nostro Paese. Speranza e preoccupazione s’intrecciano. Il nostro compito è capire le ragioni dell’una e dell’altra e agire di conseguenza, sapendo che la posta in gioco è alta.

FIRMA QUI

1. Il “governo tecnico” è un segno dei tempi: tempi di debolezza della politica e d’inettitudine dei partiti politici. Tra di loro si deve distinguere ma certo, nell’insieme, in Italia il sistema politico e la sua “classe dirigente” hanno fallito, arretrando di fronte alle loro responsabilità. Il governo che oggi abbiamo è frutto dell’iniziativa del Presidente della Repubblica che ha esercitato una difficile supplenza in stato di necessità. LeG ha salutato con sollievo la svolta, anche perché non si dimentica il timore che le forzature costituzionali accumulate negli anni potessero, nel momento decisivo, fare massa e indurre qualcuno a tentare una forzatura finale.

2. Nello stallo della politica, l’ascesa della tecnica al governo è apparsa l’unica alternativa al disastro finanziario, economico e sociale. La dobbiamo accettare come pharmakon. Ma la medicina che guarisce può diventare il veleno che uccide. Dobbiamo sapere che un governo può essere tecnico nelle premesse, ma non nelle conseguenze delle sue azioni. Il nostro è tecnico-esecutivo per le decisioni rese necessarie dal malgoverno del passato e dalla pressione di eventi maturati altrove, in sedi democraticamente incontrollabili, ma è altamente politico per l’incidenza delle sue misure sulla vita dei cittadini. Dire “tecnico”, significa privare la politica della libertà. LeG, che ha in passato denunciato i pericoli del populismo, cioè della neutralizzazione e dell’occultamento della politica dietro pratiche di seduzione demagogica, non può ignorare che la tecnica esercita anch’essa una forza ideologica che può diventare anti-politica. Allora, quello che inizialmente è farmaco diventa veleno: senza politica, non ci può essere libertà e democrazia; senza democrazia, alla fine ci aspettano soluzioni basate non sul libero consenso ma sull’imposizione.

3. Che si tratti di medicina o di veleno, non sappiamo. Sappiamo invece che dipende da noi. LeG, associazione di cultura politica, ha sempre operato per la difesa della dignità della politica e, proprio per questo, ha denunciato i casi di svilimento, di corruzione e di asservimento a interessi privati, di chiusura corporativa e autodifesa di casta. Oggi, quando la distanza tra i cittadini e i partiti non è mai stata così grande, proprio oggi è urgente un’opera di riconciliazione nazionale con la politica. Forse, il maggiore tradimento perpetrato dalla nostra “classe dirigente” nei confronti della democrazia, è consistito nell’aver reso la politica un’attività non solo non attrattiva ma addirittura repulsiva e di aver respinto nell’apatia soprattutto le generazioni più giovani, proprio quelle dove si trova la riserva potenziale di moralità e impegno politico di cui il nostro stanco Paese ha bisogno.

4. Siamo persuasi che la rifondazione della politica debba partire dalla sua decontaminazione dalla corruzione che, tra tutte le cause, è quella che più ha contribuito a imbrattarne la figura. Ormai, non si fanno più differenze, in una generale chiamata in correità. Gli scandali e le ruberie in un partito si riverberano in colpe di tutti i partiti. La percezione è che nel tempo si sia creato un sistema di connivenze e omertà, rotto occasionalmente solo dall’esterno, dalle inchieste giudiziarie o giornalistiche (da qui, la diffusa insofferenza per l’indipendenza della giustizia e dell’informazione). Questo sistema, prima che con le riforme legislative, può essere incrinato solo dall’interno. La connivenza può rompersi solo con la dissociazione e la denuncia. Le tante persone che, nei partiti e nella pubblica amministrazione avvertono la nobiltà della loro attività, escano allo scoperto, ripuliscano le loro stanze, si rifiutino di avallare, anche solo col silenzio, il degrado della politica. Acquisterebbero meriti e ne sarebbero ricompensati. LeG è convinta che questa sia la premessa e la condizione d’ogni riforma credibile della politica e della grande riconciliazione di cui abbiamo parlato. La legge sui partiti è una necessità di cui si parla da troppo tempo. Oggi, gli scandali quotidiani, l’hanno resa urgente. “Subito la legge ecc.”, si è detto. Ma possiamo crederci, se prima non cambiano coloro che la legge dovrebbero farla?

5. L’anno che ci separa dalle elezioni si annuncia ricco di propositi riformatori delle istituzioni. Non è una novità, ma l’auto-riforma si è dimostrata finora un’auto-illusione. Può essere che sia la volta buona per contrastare la caduta di consenso ed evitare lo “sciopero elettorale” che da diverse parti si minaccia. Ma si vorrebbe sapere con chiarezza che cosa ci viene promesso. Chiusura o apertura? L’alternativa è nelle cose, anzi nelle azioni. Non si può nasconderla con le parole. LeG ritiene di rappresentare un’elementare esigenza democratica, chiedendo di conoscere, in pubblico dibattito, se i contatti e gli accordi preliminari che si vanno stringendo tra partiti mirano a corazzare il sistema politico esistente, chiudendolo su se stesso, oppure se finalmente si avverte l’esigenza di aprirlo alle istanze diffuse dei cittadini, d’ogni ceto e d’ogni orientamento politico; se la “società politica” ritiene di fare a meno della tanto disprezzata “società civile”, oppure se ritiene di dover mettersi in discussione; se pensa che sia legittima la sua pretesa di difendersi dai controlli, oppure se sia disposta alla trasparenza e alla responsabilità; se il governo sia un problema di mera efficienza decisionale, oppure se la questione sia come, che cosa decidere e con quale consenso; se si vuole una democrazia decidente a scapito d’una democrazia partecipativa. Sono tante le domande che, finora, restano senza risposta.

6. Sulla riforma della legge elettorale: quale che sia il meccanismo prescelto, esso non deve essere pensato come strumento dei maggiori partiti e della loro dirigenza per “dividersi le spoglie”. Se c’è una legge nell’interesse primario dei cittadini, non dei politici, questa è proprio la legge elettorale. Finora, tutte le riforme, e forse anche quella in cantiere, hanno in comune l’essere concepite nell’interesse dei partiti che la fanno. LeG chiede che si ragioni di “giustizia elettorale” e non di “interessi elettorali”: si scelga dunque una formula chiara e coerente che metta i cittadini in condizione di controllare com’è utilizzato il loro voto e di entrare in rapporto con i loro rappresentanti, senza interessate distorsioni.

7. La riforma elettorale, anzi le elezioni con la nuova legge elettorale devono precedere ogni altra riforma. Come possiamo accettare che un parlamento tanto screditato qual è quello scaturito dalla legge elettorale attuale possa mettere mano alla Costituzione? I frutti sono il prodotto dell’albero. Nessuna speranza può esserci che i frutti siano buoni se l’albero è malato. In ogni caso, LeG chiede, come elementare esigenza, che le eventuali riforme possano essere sottoposte al controllo del corpo elettorale in un referendum di particolare significato: come difesa d’una democrazia aperta contro i possibili tentativi d’ulteriore involuzione autoreferenziale dell’attuale sistema politico.

8. LeG è un’associazione di cultura politica, ma non un’associazione politica, fiancheggiatrice di questo o quel partito. Essa si rivolge ai cittadini che vorrebbero amare la politica e, per questo, la desiderano più dignitosa e rispettata. Poiché in questo momento la società italiana è ricca di energie che chiedono rinnovamento e desiderano essere rappresentate, l’invito a tutti è a non disperdersi nella sterile protesta e a non dividersi nell’infecondo protagonismo, geloso di se stesso, ma a unire le forze perché il difficile momento che vive il nostro Paese possa essere superato nel segno della democrazia, della libertà e della giustizia.

 
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Pubblicato da su 24 febbraio 2012 in News

 

Conferenza sul tema dell’acqua – 20 gennaio 2012

Una serata piena di spunti interessanti quella proposta dal Circolo Libertà e Giustizia di Belluno il 20 gennaio alle 17.30 in Sala De Luca. Il tema “Il Governo dell’acqua bene pubblico e gestione privata: il caso Bim Gsp” è stato affrontato sotto vari aspetti grazie al relatore ospite della serata. Il Prof. Massarutto, docente di economia pubblica all’Università di Udine ed uno dei massimi esperti in Italia sul tema dell’acqua, ha sfatato miti e leggende proponendo da subito una riflessione: abbiamo fatto i conti senza l’oste.

Senza entrare nel merito del caso della nostra Provincia, il Professore ha evidenziato come il problema della gestione accomuni tutta l’Italia. Nel momento in cui negli anni novanta l’Italia si è accorta di avere dei vincoli di bilancio sulle uscite ha cominciato a tagliare le spese che meno si vedono, ad esempio l’investimento pubblico sull’acqua rimandando alle generazioni future l’onere di trovare le risorse necessarie per rimettere mano alle infrastrutture. Non quindi di acqua bisogna parlare ma di tubi e impianti di depurazione per i quali avremo presto procedure di infrazione dalla Unione Europea per non averli realizzati. Un problema che, secondo il Professore, non è molto diverso dai rifiuti della Campania.

Con la Legge Galli del ’94 si è passati a tariffa un servizio che precedentemente era coperto dalla fiscalità generale. L’attuazione della legge del ’94, dieci anni dopo, ha trovato comunque grandi problematiche perché la legge prevedeva anzitutto l’obbligatorietà della gestione privata e una soluzione generalizzata per tutta l’Italia che decisamente non è stata ottimale. I referendum hanno messo fine a questa rigidità ma il pericolo ora è di restare bloccati e di non affrontare il problema delle infrastrutture da fare e delle risorse da accantonare.

L’acqua, continua il Professore, è un monopolio naturale, dove l’infrastruttura pesa per il 90/95 per cento sul costo. Il valore aggiunto della filiera ha tempi di ritorno di 50-100 anni. Quale privato investirà con dei potenziali ritorni attesi spostati di decenni? Nessuno. E’ un tipico caso in cui la concorrenza non c’è e non ci può essere. Anche la gara d’appalto non è un strumento efficiente per la gestione del’ acqua perché dovrei farne una che copra 40/50 anni al fine di permettere al gestore di fare gli investimenti e questo porterebbe un sacco di potenziali controversie, quante volte si dovrebbe andare a riscrivere i contratti? Se da un lato è stato commesso il grande errore di confondere “l’idraulico” con l’acqua dall’altro lato è stata commessa una faciloneria nel ritenere che ricorrendo alla concorrenza i problemi del settore idrico sarebbero stati risolti.

Quindi, la sostanza non è se l’acqua deve essere privata o pubblica ma quale è il migliore modello per gestirla. La soluzione, per il Prof. Massarutto, è focale sul ruolo del regolatore del sistema: avere un bravo regolatore pubblico che faccia funzionare bene la gestione, pubblica o privata che sia, e non sposare un modello per sempre. Ad esempio, Parigi aveva un gestore privato ed ora è ripassato alla gestione pubblica. La reversibilità dei modelli li fa funzionare bene. Oppure può essere di esempio una metropoli sudamericana dove la città è divisa in 4 zone, 3 con gestione privata ed una pubblica. Perché il confronto fra la gestione pubblica e privata fa sì che entrambe funzionino meglio. Altro esempi da cui trarre ispirazione è l’Olanda dove la depurazione e la distribuzione idrica sono separate.

Quello che dovremmo fare per il futuro? Investire 100 Euro pro-capite annui da qui a per sempre. E per trovare i fondi per le infrastrutture? Esistono nel mondo delle Banche Nazionale dell’acqua, finanziate con fondi rotativi, oppure che rivolgono al mercato per reperire i fondi, con costi più bassi perché hanno un rischio più diluito rispetto alla singola realtà e prestarli alle varie aziende gestrici del servizio. Oppure introducendo una tassa di scopo per finanziarle riducendo i costi di approvvigionamento del capitale. Affidare alla fiscalità generale l’onere di coprire gli investimenti vorrebbe dire invece essere in balìa dei vincoli di bilancio del momento con, da un lato la necessità di chiudere i conti e dall’altro di non aumentare le tasse, con il risultato che gli investimenti sarebbero necessariamente rimandati.

E per la nostra Provincia? Siamo in pochi e se le infrastrutture dovranno essere pagate da noi non ci sarà altra strada che aumentare le tariffe (che sono in Italia fra le più basse d’Europa). L’efficienza della gestione non sarà sufficiente a trovare i fondi per gli investimenti. L’acqua, ma soprattutto la sua depurazione costerà più qui che altrove (per il basso numero di utenti rispetto al territorio) ma a questo riguardo anche dal pubblico arrivano i suggerimenti. Visto che ci costa di più, ma l’acqua è anche una Risorsa della nostra Provincia, sia per l’uso che se ne fa nella produzione di energia elettrica sia per i bacini di bonifica per la pianura, i soggetti politici dovrebbe ridiscutere canoni idrici e quant’altro per trovare i fondi per gli investimenti nelle nostre infrastrutture oltre a essere un buon regolatore pubblico che faccia funzionare bene la gestione dell’acqua pubblica o privata che sia.

Audio con l’intervento di Bepi Pat
Audio con l’intervento del Prof. Massarutto

 
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Pubblicato da su 3 febbraio 2012 in News

 

Conferenza sulla gestione dell’acqua

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Pubblicato da su 14 gennaio 2012 in Eventi, News

 

Il governo dell’acqua bene pubblico e gestione privata? Il caso BIM GSP – 20 Gennaio 2012

Relatore Prof. Antonio Massarutto

Laureato in Economia Politica presso l’Università Bocconi, attualmente è Docente di Economia pubblica presso l’Università di Udine e Direttore di ricerca presso lo Iefe – Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente dell’Università Bocconi di Milano. La sua attività di ricerca ha come focus principali lo studio delle politiche ambientali e l’organizzazione dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al settore idrico e dei rifiuti, dei quali è uno dei massimi esperti.

Autore di libri divulgativi di economia pubblica, relativi alla gestione servizi pubblici, conferenziere e collaboratore di alcuni tra i principali quotidiani nazionali e de “LaVoce.info”

Opere principali e recenti:

  • L’acqua, il Mulino, 2008;
  • I rifiuti. Come e perché sono diventati un problema, il Mulino 2009;
  • Privati dell’acqua? Il servizio idrico in Italia, Il Mulino, 2011.

Appassionato di sci alpinismo e delle dolomiti Bellunesi

Conferenza – Dibattito:

Il governo dell’acqua

bene pubblico e gestione privata?

il caso BIM GSP

20 gennaio 2012 – Sala De Luca ore 17.30

Oltre i luoghi comuni e le facili ricette – Alcuni spunti per la discussione

A distanza di sette mesi dalla celebrazione dei due referendum sull’acqua i nodi rimangono del tutto irrisolti e, se possibile, aggravati! La cancellazione del decreto Ronchi, che imponeva le gare per la scelta del gestore e la cessione del 40% del pacchetto azionario ai privati e l’abolizione della remunerazione del capitale investito – hanno creato una situazione di stallo. Le Società di gestione pubbliche, private o miste, continuano a vivere gli stessi problemi di prima, con qualche incertezza in più. Si registrano le situazioni più disparate: Acquedotto pugliese (di Vendola) che continua ad applicare alla tariffa la remunerazione del capitale investito, l’ATO di Modena che la congela a “riserva infruttifera”, alla Liguria dove si chiede a gran voce di ridurre le tariffe da subito del 13%, a Belluno, che cancella/congela il Piano degli investimenti in attesa di tempi migliori e scaricando le incombenze sulle future generazioni e l’aumento della tariffa da gennaio 2012 del 5%. Le autorità di controllo (ATO) sono state abolite e la Regione Veneto ha approvato una legge a dicembre scorso, che nella migliore delle ipotesi cambia il nome ai vecchi organismi: da ATO a “Consigli di bacino”, formati dagli stessi sindaci di prima, lo stesso numero di ambiti in Veneto (8+1) con gli stessi confini, si istituisce un organismo regionale di coordinamento dei Consigli di bacino che esprime pareri vincolanti sull’affidamento della gestione a “più gestori.

Sul piano nazionale il “Decreto Salva Italia” del Governo Monti, ha abolito l’organismo nazionale di controllo (il Conviri) trasferendone i poteri (rafforzandoli) all’Autorità per l’energia.

Nel frattempo assistiamo ad un blocco degli investimenti per ammodernare le infrastrutture (acquedotti, fognature, depuratori) la finanza pubblica e priva di risorse per sostenerli, le tariffe (dovranno) crescere, le Società di Gestione pubbliche (come GSP) sono indebitate fino al collo, il conflitto degli interessi e la debolezza della politica paralizza le necessarie e urgenti decisioni, i cittadini assistono indignati e impotenti al rimpallo delle responsabilità.

Un servizio essenziale, “un bene pubblico” come l’acqua richiede uno sforzo di analisi e proposta per uscire da uno schema, che il prof. Massarutto definisce lo “scontro sterile tra i talebani del privato e i mujaheddin del pubblico”, col relativo corollario di certezze assolute e granitiche a difesa delle reciproche tesi.

La Conferenza si propone, attingendo alle migliori esperienze italiane ed europee, di animare un dibattito su quale sia il (vero) interesse pubblico dei cittadini-utenti del servizio idrico, ci domanderemo:

  • Se l’interesse pubblico coincida sempre con la forma pubblica della società di gestione dell’acqua, come sostengono i comitati referendari, i quali propongono di trasformare le Spa in Aziende Speciali pubbliche controllate dai Comuni e “sorvegliate” dai cittadini organizzati.
  • Se la società di diritto privato (ma “pubblica” in quanto controllata al 100% dai Comuni come GSP) perché non ha saputo interpretare il mutamento
  • In quali modi si può pagare l’acqua che consumiamo e quanto “ragionevolmente” deve costare.
  • Chi deve pagare e come si forma nella bolletta il costo dell’acqua.
  • E’ effettivamente la presenza dei “privati” che fa lievitare il costo dell’acqua
  • Con quali risorse, pubbliche o private, si possono realizzare gli ingenti investimenti per garantire la continuità del servizio idrico, le fognature, la depurazione in base agli standard europei
  • A quali condizioni e in che modo i “privati” possono entrare nella gestione dell’acqua
  • Le gare per aggiudicarsi la gestione delle società del servizio idrico integrato, sono un obbligo imposto dall’Europa, possono partecipare solo i privati o anche le imprese pubbliche?
  • La remunerazione del capitale investito (abolita dal referendum, ma non per tutti!) determina una privatizzazione surrettizia delle imprese e spinge in alto le tariffe? Oppure rappresenta il costo del denaro necessario per realizzare gli investimenti.

In controluce, la situazione di BIM GSP SpA

BIM Gestione Servizi Pubblici SPA è una multi utility (Acqua, Gas, Energia) di proprietà di 67 Comuni (esclusi Lamon e Arsiè), dal 2004 gestisce in house il Servizio Idrico Integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) per conto di 65 Comuni (escluso Quero, Alano, Vas, S.Nicolò Comelico), inoltre, dal 2003, distribuisce il Gas metano in provincia di Belluno. I dati principali della società sono:

  • 135 mila clienti, famiglie, imprese (molte le situazioni senza misuratori o con pagamenti a forfait)
  • 57 abitanti/Km2 la popolazione servita, contro una media veneta di 248 (domanda debole, dispersione territoriale e costi elevati)
  • 187 dipendenti
  • 36 milioni euro di ricavi delle vendite 2010 di cui idrico 24 milioni (il resto è Gas ed energia) su un valore totale della produzione rispettivamente di 39 e 29 milioni
  • 2 milioni euro il Capitale Sociale 2010, posseduto in quote uguali da 67 Comuni, pari al 11% del Bilancio patrimoniale passivo (contro il 40% delle previsioni Piano ATO, pari a 22,6 milioni di euro ipotizzati, nozze con i fichi secchi)
  • 9 milioni di euro il Patrimonio netto 2010 (contro i 25 milioni del Piano ATO)
  • 25% è il valore aggiunto (basso), come dire che GSP è già “privata” per oltre i 2/3

Crediti GSP

  • 27 milioni di euro nel 2010 (che verosimilmente saliranno a 32 milioni nel 2011) verso clienti per l’errato calcolo dei consumi idrici (credito montante). Il Piano ATO prevedeva 22,2 milioni di m3/anno nel 2004, che salivano a 25,5 nel 2009 e seguenti. In realtà sono stati venduti 17 milioni nel 2004 e 14, 5 milioni nel 2010. E’ come dire che se l’acqua costa 1 euro/m3 mancano all’appello 5 milioni l’anno di entrate. Non è stata fatta la revisione della tariffa per il triennio 2004-2006 e neppure per quello 2007-2010. Solo adesso, con enorme ritardo e dal 2012, si provvede. Questo per grave responsabilità e ritardi delle decisioni del Consiglio di Amministrazione passato e dei Sindaci dei 67 Comuni soci. Il nuovo Consiglio dovrà trovare una soluzione rapidamente, ma non sarà facile “cancellare” 30 milioni di debiti e far riparatire gli investimenti, anche per una azienda pubblica come GSP che più pubblica non si puo!
  • 22,5 milioni euro, verso clienti da fatturazione corrente anno 2010 (credito smontante).
  • 2,1 milioni, nei confronti dei Comuni (soci) per talune funzioni svolte da GSP a loro favore.

Debiti GSP

  • 29,5 milioni, verso i fornitori, cresciti a tutto il 2010, 10 in più dell’anno precedente, ed è altamente probabile che a fine 2011 superino abbondantemente i 30, mentre molte imprese fornitrici sono ormai allo stremo.
  • 47,8 milioni di euro, verso le banche a breve e lungo termine, tendenzialmente in calo per il 2011 visto, che la grave situazione patrimoniale e finanziaria e la paralisi decisionale degli Amministratori della Società e dei Soci (i Sindaci), non dispone favorevolmente il sistema bancario causando il blocco degli investimento.
  • 3,3 milioni, verso i Comuni (soci) per le rate dei mutui pregressi
  • 25% tasso realizzazione degli investimenti del Piano d’Ambito dal 2004 (media nazionale 56%

Dotazioni sistema acquedottistico:

  • 447 numero delle Captazioni
  • 521 numero dei Serbatoi
  • 22 pompaggi per sollevare oltre 4 milioni di m3/anno di acqua
  • 1202 tronchi di adduzioni principali per 1.226 Km, di cui
  • 654 reti di distribuzione (la parte più vicina al rubinetto di casa) per 1.900 Km di lunghezza, di cui il 70% con “anzianità” sopra i 36 anni
  • 66% le perdite idriche, media nazionale 37% (dato ufficiale ma di difficile misurazione)

Dotazioni Sistema fognario:

  • 96 Collettori fognari principali, per una estensione di 181 Km e coprono il 60% dei Comuni
  • 396 Reti fognarie, per una estensione di 1.180 Km
  • 356 Depuratori, di cui l’85% di piccole dimensioni in condizioni di funzionalità e copertura non ottimali.
 
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Pubblicato da su 4 gennaio 2012 in News

 

Auguri di Buon Natale!

 

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Pubblicato da su 24 dicembre 2011 in News

 

Etica della rappresentanza

In questi giorni il dibattito è fortemente centrato sull’entità ed i contenuti della manovra proposta dal Prof. Monti, che chiede indubbiamente a tutti i cittadini di affrontare nuovi sacrifici. Tra i punti della manovra appare l’altrettanta indubbia esigenza del taglio della spesa pubblica, tra cui le voci di costo relative agli oneri della politica ricoprono un tema di grande attualità.

Il taglio degli enti inutili, l’eliminazione delle province, l’allineamento delle indennità dei membri del parlamento e l’eliminazione dei vitalizzi “facili” sono temi di forte presa sui cittadini. In particolare la rivisitazione delle indennità e dei vitalizzi dei parlamentari unisce trasversalmente l’elettorato da destra a sinistra.

Ricondurre l’abbassamento dei costi dei parlamentari ad essere una soluzione alternativa ai nuovi carichi fiscali non è obiettivamente corretto, ma certamente ciò assumerebbe una forte valenza etica, di “segnale”, nell’intento di ricostruire un rapporto di fiducia tra il cittadino ed il proprio rappresentante.

Ci si dovrebbe aspettare che le recenti vicende nazionali conducano ad un nuova posizione dei cittadini rispetto alla politica, così come dei politici rispetto al proprio ruolo.

Per quanto riguarda i cittadini si è più volte sottolineato in questo blog l’esigenza di un crescente interesse e di una maggior partecipazione “civica”, verificabile nei prossimi mesi e soprattutto alla prossima tornata elettorale.

Per ciò che riguarda i rappresentanti politici non appare ancora evidente la “grande svolta”, chiesta a gran voce, considerate le recenti inchieste giornalistiche e le reazioni ad esse e alle proposte governative che coinvolgono i diritti dei parlamentari.

Rimane pertanto attualissima la necessita di sollecitare ulteriormente tutte le rappresentanze politiche presenti in parlamento a riappropriarsi di un’etica del loro ruolo, in quanto da esse deve necessariamente partire la manovra di ricucitura del rapporto con l’elettore, che deve riappropriarsi della sensazione di vivere nello “stesso mondo” dei propri rappresentanti.

 
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Pubblicato da su 15 dicembre 2011 in News

 

Mai più “cittadini indifferenti”!

Considerazioni che vengono dal passato, attuali più che mai, dovrebbero portare ciascuno di noi a valutare la propria posizione all’interno del periodo storico che stiamo vivendo.

Riproposte anche dalla coppia di comici Luca e Paolo.

“Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita … L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti … Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano …” (Antonio Gramsci, 1917, da “la città Futura”)

 
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Pubblicato da su 13 dicembre 2011 in News

 

Le “crisi” italiane.

La crisi economica in cui versa l’Italia ci pone in una situazione di grande attenzione, rispetto al futuro che ci aspetta, a ciò che dovranno affrontare le nuove generazioni ed alle possibili tensioni sociali che in momenti di particolare difficoltà potrebbero esplodere.

Quella economica purtroppo non è la sola crisi in cui versa l’Italia; ad essa si sovrappone un “crisi politica”, forse ancor più grave e pericolosa, che non si limita a rendere più dirompenti gli effetti derivanti dalla situazione economica. Può invece segnare il nostro destino verso una progressiva ulteriore degenerazione della capacità di reagire agli eventi come “società organizzata”, in cui possano essere valorizzati i principi di “libertà” del singolo, all’interno della “giustizia” sociale.

L’incapacità di porre nuovamente ad alto livello la Politica, intesa secondo la definizione di Giovanni Sartori, come “la sfera delle decisioni collettive sovrane”, elimina ogni possibilità di soluzione delle difficoltà che la nazione è chiamata oggi e in futuro a risolvere.

Il compito di ristabilire la dignità dell’attività politica spetta ad ogni singolo cittadino, ma oggi richiede in primo luogo un forte atto di rinnovamento da parte dei partiti che già occupano lo scenario politico italiano, facendo sì che i cittadini possono effettivamente riconoscersi in essi.

L’abbassamento del conflitto dopo l’insediamento del nuovo governo Monti, esso stesso una dimostrazione di fallimento per la politica, permette di porre maggior attenzione al rapporto tra cittadini, politici e Politica. Alcuni interessanti commenti sono stati esposti da Sandra Bonsanti, da TermometroPolitico, da Mauro Piras.

Forse dovrebbero farci riflettere anche alcune affermazioni “tra le righe” di noti politici (di destra e sinistra), per i quali, sintetizzando: “la fiducia al governo Monti è stato un atto di responsabilità, il mettere gli interessi nazionali davanti agli interessi di partito”.

Ma gli interessi di un partito politico che punti a governare possono non coincidere con gli interessi nazionali?

 
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Pubblicato da su 28 novembre 2011 in News

 

L’Italia è una Repubblica parlamentare?

Un “ironico” articolo pubblicato sul quotidiano on line Lettera 43 può portare a rileggere la Carta Costituzionale, per valutare lo stato delle istituzioni in questi giorni.

La seconda parte della Costituzione Italiana, nella Sezione II del Titolo I tratta della formazione delle leggi e recita testualmente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. (art. 70) … L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. (art. 71) …”.

Il governo guidato dal Prof. Monti è entrato nel pieno delle sue facoltà, la bagarre politica dei giorni a cavallo delle dimissioni dell’ex Premier si è spenta ed il parlamento resta in attesa di ricevere le proposte di legge governative.

La Costituzione affida tuttavia al parlamento ed ai suoi singoli componenti un ruolo chiave e non di sola valutazione degli atti governativi.

Se da un lato alcune scelte certamente impopolari ed improrogabili possono essere demandate ad al governo, altre decisioni, di cui l’Italia ha grande necessità, devono rimanere nella sfera di competenza del Parlamento.

In attesa di dover valutare le proposte del governo Monti quali altri temi potrebbero essere discussi all’interno delle due Camere? Forse la domanda non è di così difficile risposta: legge elettorale, riforma “vera” della giustizia, conflitto di interessi, riduzione dei privilegi della politica, … Sono temi che tracceranno la strada che l’Italia vorrà percorrere e le regole che dovrà seguire negli anni futuri, aldilà dei freddi numeri contabili che determinano lo stato della nostra economia.

Confidiamo che le proposte in tali ambiti possano nascere all’interno dei due rami del parlamento, se dovesse essere l’attuale governo ad affrontarle, sarebbe una nuova ed ulteriore sconfitta della capacità politica dei nostri rappresentanti che oggi siedono in parlamento.

 
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Pubblicato da su 27 novembre 2011 in News

 

Finito il Berlusconismo?

Riprendendo l’intervento di Sandra Bonsanti (linkato su questo blog il 10 novembre) ed in particolare una sua frase: Vale dunque la pena di imboccare la strada del governo Monti, per difficile che sia. E bisogna crederci, senza retro pensieri”.

L’attuale situazione politica ed economica dell’Italia arriva da lontano: da un approccio del singolo individuo, tipicamente italico, verso le istituzioni ed i propri obblighi e da un conseguente progressivo decadimento dei ruoli e degli obiettivi che hanno guidato le scelte di vari governi, decadimento che certamente negli ultimi anni ha subito una forte accelerazione.

Alcune posizioni, confermate anche in questi giorni, mostrano come la sicurezza di una svolta sia ancora molto lontana. L’avversione al governo Monti, visto da qualcuno come espressione della lobby dei banchieri, unisce trasversalmente esponenti e gruppi di destra e sinistra.

Berlusconi ha lasciato la guida del governo, forse si allontanerà progressivamente dalla scena politica, ma il berlusconismo non cade automaticamente con il suo abbandono, dovrà essere progressivamente smantellato, eliminando la parte di essa che risiede in ciascuno di noi.

L’ascesa di Berlusconi non è stata conseguenza di un colpo di stato, ma di una libera elezione, in cui la maggior parte degli elettori si sono riconosciuti nel modello da lui proposto. La sua permanenza è stata inoltre favorita dalla dall’incapacità di chi non lo appoggiava nel proporre altri modelli alternativi al suo, in cui i cittadini elettori potessero riconoscersi.

Uno degli aspetti che ci ha condotto alla situazione attuale è forse la tendenza che ci porta, come popolo, o come appartenenti ad uno schieramento, a cercare sempre un colpevole esterno per i mali che ci affliggono, rifiutando l’opzione che possiamo essere noi stessi ad aver causato o favorito ciò che ci colpisce negativamente.

Ora Berlusconi si è dimesso da Premier e pertanto alcuni cominciano a cercare un altro obiettivo a cui poter mirare, a cui poter affibbiare le colpe della crisi, della mancanza non solo di lavoro, ma anche di ideali, comportamenti che certo il berlusconismo ha accentuato, ma che forse risultavano già presenti nelle singole persone.

Ora è il nostro momento, la “società civile” è chiamata, ora più che mai, ad un grosso sforzo di responsabilità personale del singolo individuo, riappropriandosi del proprio ruolo (speriamo aiutato da una nuova legge elettorale) di giudice dell’operato dei propri rappresentanti.

Tale potere potrà essere efficacemente utilizzato solamente attraverso una obiettiva analisi di ciò che ci circonda, dal superamento di posizioni di comodo che ci evitano di dover “pensare” e dalla presa di coscienza che la difesa ad oltranza di piccoli interessi di parte può determinare grandi danni alla collettività.

 
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Pubblicato da su 16 novembre 2011 in News

 

Berlusconi lascia, ma le istituzioni rimangono sotto attacco.

Gli eventi degli ultimi giorni, le dimissioni del Presidente del Consiglio Berlusconi ed il mandato al prof. Mario Monti per costituire un nuovo governo, i festeggiamenti di piazza e le posizioni espresse dai diversi partiti, segnano un nuovo punto di svolta nella storia nazionale.

Le condizioni economiche e sociali in cui versa lo stato ed gli italiani hanno portato le componenti politiche a convergere verso la presa di coscienza che una campagna elettorale non è compatibile con le necessita attuali della Nazione e del suo popolo.

Il governo “tecnico” o di “unità nazionale” che si verrà a creare dovrà raccogliere, nelle prossime ore, il sostegno della maggioranza del Parlamento Italiano, costituito dagli stessi rappresentanti che vi sedevano prima delle dimissioni di Mr. B., regolarmente eletti nel 2008 e che continueranno ad essere legittimati a legiferare fino alla naturale scadenza della legislatura.

Alcune affermazioni, espresse rispetto ai nuovi futuri scenari, richiedono tuttavia di sostenere ancora, con sempre maggior forza, le istanze dirette verso un forte senso di responsabilità nazionale e di rispetto della Costituzione e delle forme di organizzazione dello stato che essa prevede.

Il nascente governo sarà legittimato ad operare finché potrà contare sull’appoggio parlamentare ed ogni attacco o accusa di illegittimità che venga mossa ad esso è un attacco al cuore costituzionale.

Affermazioni come “si sta facendo un colpo di stato, questo è l’ultimo parlamento eletto dai cittadini italiani” (on. Scilipoti), oppure come “Inizia un’altra repubblica: la terza? Che annuncia di voler cancellare la sovranità nazionale dell’Italia, la Costituzione Repubblicana, ogni forma di reale espressione della volontà popolare” (Giulietto Chiesa), rappresentano un attacco frontale alle istituzioni dello Stato, al Presidente della Repubblica, al Parlamento, alla stessa Costituzione.

L’abbandono di Berlusconi rappresenta un’opportunità di ricostruire un nuovo ruolo delle istituzione attorno alla Costituzione, ma richiede alla cosiddetta “società civile” di mantenere alta la guardia, affinché la situazione non venga strumentalizzata da pochi, per pilotare posizioni di parte, non coerenti con gli interessi nazionali del momento.

 
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Pubblicato da su 15 novembre 2011 in News

 

l tricolore alla finestra quando B. si dimette

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Appena saranno ufficiali le dimissioni di Berlusconi, esponiamo alla finestra la bandiera italiana (o in mancanza, un panno). Sarà il segno del nostro attaccamento per la Costituzione, che ha resistito al più violento attacco mai subito da quando i nostri Padri ce l’hanno affidata. Viva l’Italia! – Viva la Democrazia! – Viva la Costituzione! Passiamo parola.

 
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Pubblicato da su 13 novembre 2011 in News

 

Sì al governo Monti, ripartendo dalla legalità

Segnaliamo questo interessante articolo, appena uscito sul sito ufficiale di Libertà e Giustizia, sui recenti sviluppi della politica italiana:

http://www.libertaegiustizia.it/2011/11/10/si-al-governo-monti-ripartendo-dalla-legalita/

 
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Pubblicato da su 10 novembre 2011 in News

 

Un piccolo sacrificio per le popolazioni alluvionate

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Pubblicato da su 7 novembre 2011 in News

 

Il gioco è finito (di Sandra Bonsanti)

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A una certa ora della giornata, dal cuore della casa, partiva il richiamo: il gioco è finito, venite subito a fare i compiti. Poteva essere all’imbrunire, ma poteva anche essere pieno giorno, e il gioco lasciato a metà faceva male.

Tra ieri e oggi qualcuno ha deciso che giocare non è più possibile. Il richiamo riguarda molti, probabilmente tutti gli italiani.

Prima di tutto, ovviamente, riguarda la maggioranza che ci ha trascinati nel pantano: là dove ha tradito giorno dopo giorno i principi fondamentali della Costituzione, a cominciare dagli articoli che riguardano il bene collettivo rispetto agli interessi di uno o comunque di pochi.

Questo è stato il tradimento cardine. Ferite le regole base della democrazia parlamentare (con un Parlamento asservito al governo e comprato a suon di corruzione) siamo scivolati verso quel regime che da anni Libertà e Giustizia e molti altri hanno denunciato.

Dunque ha giocato la maggioranza, inventandosi un Paese che non esiste, un Paese che la crisi degli altri non avrebbe toccato e nemmeno sfiorato, il Paese delle belle fanciulle, delle legalità tradita, dei gangster di regime. Il Paese delle feste “eleganti”.

E l’opposizione? Anche là dentro si è giocato: il gioco della fune, a un capo il gruppo dei potere da conservare ad ogni costo, all’altro quello degli innovatori improvvisati come le loro soluzioni, buone in tempi normali, un nulla quando infuria la tempesta.

Non giocavano i cittadini che di giorno in giorno sentivano avvicinarsi il momento in cui il salario non bastava più né a far studiare i giovani né a dare ai vecchi una vecchiaia dignitosa. Non giocavano avvertendo che forse la prossima volta non sarebbero andati a votare.

Potremmo divertirci a elencare i giochi e i ritardi di tutta la classe dirigente italiana. Ma il gioco è finito per tutti, anche per noi della società civile che lo denunciavamo.

Ora non dobbiamo soltanto uscire dal pantano, smuovere le acque .

Ora dobbiamo uscire dal disastro, dalla povertà, dalla miseria, dalla disoccupazione dei figli.

Ricucire l’Italia oggi, a un mese dai 25.000 all’Arco della Pace, vuol dire far sì che il tessuto sociale, in questa emergenza di democrazia, non si strappi definitivamente. Vuol dire convincerci che la ricreazione è davvero alle nostre spalle.

Dobbiamo tutti fare qualcosa di più: con l’impegno, con la passione di sempre. Con la convinzione che possiamo essere un grande Paese e che dobbiamo un’altra volta ancora nella storia batterci per salvarlo.

Dobbiamo pretendere da tutti, maggioranza e opposizione, di mostrare la stoffa che che finora non hanno mostrato di avere.

I sacrifici, se chiesti da chi abbia competenza e credibilità, non devono spaventare nessuno. Non possono spaventare.

Nella nell’emergenza dobbiamo ritrovare la parte più profonda della nostra umanità, che dorme dal tempo in cui si misero tutti a giocare.

Dal cuore della casa che brucia il richiamo è arrivato: ascoltiamolo tutti, questa volta la campana suona per noi.

(Fonte: sito ufficiale di Libertà e Giustizia)

 
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Pubblicato da su 3 novembre 2011 in News

 

Ricucire l’Italia, il manifesto (di Gustavo Zagrebelsky)

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EKLeG8ottWebL’anno anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia rischia di concludersi così. Così, come? Con una frattura profonda.

Sempre più e rapidamente, una parte crescente del popolo italiano si allontana da coloro che, in questo momento, sono chiamati a rappresentarlo e governarlo.

I segni del distacco sono inequivocabili, per ora e per fortuna tutti entro i limiti della legalità: elezioni amministrative che premiano candidati subìti dai giri consolidati della politica; referendum vinti, stravinti e da vincere nell’ostilità, nell’indifferenza o nell’ambiguità dei maggiori partiti; movimenti, associazioni, mobilitazioni spontanee espressione di passioni politiche e di esigenze di rinnovamento che chiedono rappresentanza contro l’immobilismo della politica.

Il dilemma è se alla frattura debbano subentrare la frustrazione, l’indifferenza, lo sterile dileggio, o l’insofferenza e la reazione violenta, com’è facile che avvenga in assenza di sbocchi; oppure, com’è più difficile ma necessario, se il bisogno di partecipazione e rappresentanza politica riesca a farsi largo nelle strutture sclerotizzate della politica del nostro Paese, bloccato da poteri autoreferenziali la cui ragion d’essere è il potere per il potere, spesso conquistato, mantenuto e accresciuto al limite o oltre il limite della legalità.

Si dice: il Governo ha pur tuttavia la fiducia del Parlamento e questo, intanto, basta ad assicurare la legalità democratica. Ma oggi avvertiamo che c’è una fiducia più profonda che deve essere ripristinata, la fiducia dei cittadini in un Parlamento in cui possano riconoscersi. Un Parlamento che, di fronte a fatti sotto ogni punto di vista ingiustificabili, alla manifesta incapacità di condurre il Paese in spirito di concordia fuori della presente crisi economica e sociale, al discredito dell’Italia presso le altre nazioni, non revoca la fiducia a questo governo, mentre il Paese è in subbuglio e in sofferenza nelle sue parti più deboli, non è forse esso stesso la prova che il rapporto di rappresentanza si è spezzato? Chi ci governa e chi lo sostiene, così sostenendo anche se stesso, vive ormai in un mondo lontano, anzi in un mondo alla rovescia rispetto a quello che dovrebbe rappresentare.

Noi proviamo scandalo per ciò che traspare dalle stanze del governo. Ma non è questo, forse, il peggio. Ci pare anche più gravemente offensivo del comune sentimento del pudore politico un Parlamento che, in maggioranza, continua a sostenerlo, al di là d’ogni dignità personale dei suoi membri che, per “non mollare” – come dicono –, sono disposti ad accecarsi di fronte alla lampante verità dei fatti e, con il voto, a trasformare il vero in falso e il falso in vero, e così non esitano a compromettere nel discredito, oltre a se stessi, anche le istituzioni parlamentari e, con esse, la stessa democrazia.

Sono, queste, parole che non avremmo voluto né pensare né dire. Ma non dobbiamo tacerle, consapevoli della gravità di ciò che diciamo. Il nodo da sciogliere per ricomporre la frattura tra il Paese e le sue istituzioni politiche non riguarda solo il Governo e il Presidente del Consiglio, ma anche il Parlamento, che deve essere ciò per cui esiste, il luogo prezioso e insostituibile della rappresentanza.

Dov’è la prudenza? In chi assiste passivamente, aspettando chissà quale deus ex machina e assistendo al degrado come se fossimo nella normalità democratica, oppure in chi, a tutti i livelli, nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’adempimento delle proprie responsabilità, dentro e fuori le istituzioni, dentro e fuori i partiti, opera nell’unico modo che la democrazia prevede per sciogliere il nodo che la stringe: ridare al più presto la parola ai cittadini, affinché si esprimano in una leale competizione politica. Non per realizzare rivincite, ma per guardare più lontano, cioè a un Parlamento della Nazione, capace di discutere e dividersi ma anche di concordare e unirsi al di sopra d’interessi di persone, fazioni, giri di potere. Dunque, prima di tutto, ci si dia un onesto sistema elettorale, diverso da quello attuale, fatto apposta per ingannare gli elettori, facendoli credere sovrani, mentre sono sudditi.

Le celebrazioni dei 150 anni di unità hanno visto una straordinaria partecipazione popolare, che certamente ha assunto il significato dell’orgogliosa rivendicazione d’appartenenza a una società che vuole preservare la sua unità e la sua democrazia, secondo la Costituzione. Interrogandoci sui due cardini della vita costituzionale, la libertà e l’uguaglianza, nella nostra scuola di Poppi in Casentino, nel luogo dantesco da cui si è levata 700 anni fa la maledizione contro le corti e i cortigiani che tenevano l’Italia in scacco, nel servaggio, nella viltà e nell’opportunismo, Libertà e Giustizia è stata condotta dalla pesantezza delle cose che avvolgono e paralizzano oggi il nostro Paese a proporsi per il prossimo avvenire una nuova mobilitazione delle proprie forze insieme a quelle di tutti coloro – singole persone, associazioni, movimenti, sindacati, esponenti di partiti – che avvertono la necessità di ri-nobilitare la politica e ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e in coloro che le impersonano. Che vogliono cambiare pagina per ricucire il nostro Paese.

LE FIRME

Giovanni Bachelet, Mauro Barberis, Michele Battini, Daria Bonfietti, Sandra Bonsanti, Michelangelo Bovero, Lorenza Carlassare, Lella Costa, Nando Dalla Chiesa, Roberta De Monticelli,
Alessandro Ferrara, Aldo Gandolfi, Paul Ginsborg, Olivia Guaraldo, Gad Lerner, Giunio Luzzatto, Gabriele Magrin, Valerio Onida, Moni Ovadia, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Regina Pozzi, Marco Revelli, Onorio Rosati, Elisabetta Rubini, Franco Sbarberi, Michele Serra, Amalia Signorelli, Carlo Smuraglia, Corrado Stajano, Marco Travaglio, Giuliano Turone, Nadia Urbinati, Salvatore Veca, Ermanno Vitale

LE SIGLE

Camera del Lavoro di Milano, Anpi nazionale, Circoli LeG, Le Girandole, Arci Milano

http://www.libertaegiustizia.it/ricucire-litalia/ricucire-litalia-il-manifesto/

 
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Pubblicato da su 1 ottobre 2011 in News

 

L’appello di Libertà e Giustizia: ultima chiamata per cambiare la legge elettorale

“Referendum elettorale: per noi di LeG che per anni e per primi abbiamo detto: “Mai più alle urne con questa legge” siamo all’ultima chiamata. Andiamo a firmare per il referendum che cancella questa legge, i circoli che sono in grado di farlo organizzino banchetti. Avendo chiaro due punti:

  1. La nostra mobilitazione vuole innanzitutto testimoniare il senso di ribellione verso tutta la classe politica che in questi anni non ha ascoltato gli appelli della società civile affinché fosse fatto ogni sforzo, fosse colta ogni occasione per far passare in Parlamento una nuova legge elettorale. La più semplice delle quali era quella in due articoli che riportava al Mattarellum. Oggi è veramente molto tardi, comunque dobbiamo provarci. Oggi è l’ultima chiamata.
  2. Non abbiamo scelto noi i tempi e le modalità di questa raccolta di firme, nata soprattutto per bloccare un’altra iniziativa referendaria. I tempi in certe situazioni sono tutto.

Ora sia chiaro: o si riesce a raccogliere 500.000 firme entro settembre e allora si può fare il referendum nella primavera del 2012 (se non finisce la legislatura), oppure non ci si fa, si prende più tempo e allora il referendum salta perché nel 2013 comunque ci sono le elezioni.

Con questo spirito, con questa fondamentale premessa, forti per aver individuato per tempo il grande problema del distacco dei cittadini dalla politica autoreferenziale dei partiti, dalle forme di corruzione che il mancato rinnovamento e la corsa al potere inesorabilmente prevedono, partecipiamo convinti all’attuale raccolta di firme”.

Sappiamo che i tempi sono stretti e che sembra davvero difficile raggiungere le firme entro fine settembre, ma siamo certi che ognuno cercherà di dare una mano oltre a firmare per la scelta referendaria.

L’ufficio di LeG ha appena riaperto e il circolo di Milano si prepara ad affrontare al più presto il caso Penati. Primo appuntamento di metà settembre per tutti gli studenti iscritti, la scuola di Poppi, “Libertà e Uguaglianza nel pensiero moderno e contemporaneo”.

Fonte: Bellunopress.it

 
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Pubblicato da su 31 agosto 2011 in News

 

Referendum: scende in campo la società civile

Il Circolo di Belluno di Libertà e Giustizia fa proprio l’appello per il voto al referendum del 12 e 13 giugno sottoscritto da Paul Ginsborg per Libertà e Giustizia e quaranta esponenti di associazioni, sindacati, media e movimenti. Grazie al pronunciamento della Corte di Cassazione si potrà votare anche sul nucleare. E’ quanto mai necessario, anche per la nostra Provincia, dare un messaggio forte e contribuire a raggiungere il quorum.

La politica italiana si è allontanata dalla società come mai era successo in passato. L’azione del governo è sempre più segnata dagli interessi personali del Presidente del Consiglio, da derive autoritarie, da minacce alla Costituzione.
L’economia del paese non riesce a uscire dalla crisi iniziata tre anni fa, e la politica non riconosce il fallimento di vent’anni di privatizzazioni, che hanno lasciato a poche grandi imprese – sempre più spesso straniere – decisioni chiave sul nostro futuro.
Tutto questo aggrava le minacce alla democrazia, il declino del paese e l’insostenibilità del nostro modello di sviluppo.
Contro questa deriva, negli ultimi anni milioni di uomini e donne – con movimenti, reti, associazioni, sindacati – hanno alzato la loro voce, manifestato e costruito alternative. L’abbiamo fatto sui temi della democrazia, della partecipazione, della giustizia, dell’informazione. L’abbiamo fatto sui temi del lavoro, dei diritti sindacali, dei contratti, del precariato dei giovani. L’abbiamo fatto sui diritti delle donne e sulle disuguaglianze. L’abbiamo fatto sui temi della scuola, dell’università, della ricerca, della cultura. L’abbiamo fatto sulla tutela dell’ambiente e sulla sostenibilità dello sviluppo. L’abbiamo fatto sui temi della legalità e della lotta alle mafie. L’abbiamo fatto sui temi dei diritti, dell’antirazzismo, della solidarietà con profughi e immigrati. L’abbiamo fatto sui temi della pace, del rifiuto delle guerre, della solidarietà con chi lotta per la democrazia in altri paesi.
La politica istituzionale – finora – non ci ha ascoltato. La distanza tra le decisioni del governo e il consenso nella società non è mai stata così grande.
Tutto questo può cambiare. Abbiamo una possibilità nuova per imporre alla politica la volontà dei cittadini, per riprendere il potere di decidere che tipo di democrazia e di sviluppo vogliamo avere.
Il 12-13 giugno 2011 si terranno i Referendum per cancellare le leggi sull’energia nucleare, la privatizzazione dell’acqua e il “legittimo impedimento” che mette i ministri al riparo dalla giustizia.

Il nucleare. Il governo ha voluto riportare l’energia nucleare in Italia dopo un referendum nel 1987 che l’aveva rifiutata. Il nucleare è un cattivo affare: costa troppo, quasi tutti i paesi lo stanno abbandonando e in Italia le centrali non entrerebbero in funzione che tra quindici anni. Dopo gli incidenti di Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima l’energia nucleare si è dimostrata una minaccia per la salute delle persone. L’efficienza energetica e le energie rinnovabili come il solare sono la strada che l’Italia deve seguire. Ora il governo – vista l’impopolarità del nucleare – ha fatto una retromarcia. E’ un primo parziale successo, ma la decisione del governo non dà garanzie per il futuro. Serve l’impegno perché i cittadini si pronuncino con il voto contro il nucleare.

L’acqua. Il governo impone il passaggio a imprese private del controllo e della gestione dell’acqua, considerandola una merce come le altre, dimenticando che l’acqua è un servizio essenziale, un diritto dei cittadini, un bene comune. Qui i referendum sono due: uno sulla gestione privata e l’altro sui profitti delle imprese – la legge prevede per i gestori un rendimento non inferiore al 7%. La privatizzazione non porterebbe a un miglioramento dell’efficienza, ma alla perdita del controllo da parte delle comunità locali su una risorse essenziale, all’aumento dei profitti e del potere delle multinazionali dell’acqua, al moltiplicarsi dei prezzi pagati dai cittadini. Anche sull’acqua il governo ha prospettato modifiche alla legge per evitare i due referendum senza fare marcia indietro sulla privatizzazione. Anche sull’acqua serve l’impegno perché i cittadini si pronuncino con il voto contro la privatizzazione.

Il legittimo impedimento. Il governo ha introdotto il “legittimo impedimento” che permette al Presidente del Consiglio e ai Ministri di non comparire in udienza penale per la durata della loro carica. E’ un segno dell’arbitrio del potere politico e dell’”impunibilità” dei potenti. La Corte costituzionale ne ha già abrogato le norme portanti; bocciando quel che resta della legge, il referendum metterebbe fine alla legislazione “su misura” fatta apposta per evitare che Silvio Berlusconi affronti i processi in corso.

Per queste ragioni è importante – il 12-13 giugno – raggiungere il quorum di 25 milioni di votanti ai Referendum e scegliere il SI a tutti i quesiti.
E’ un voto che può porre alcuni limiti a un modello di sviluppo insostenibile, che ignora i costi ambientali, sociali e i beni comuni, e a un potere politico che calpesta giustizia e democrazia.
Un successo dei SI al Referendum costringerebbe la politica – sia del governo che dell’opposizione – a fare i conti con la volontà dei cittadini. L’impegno delle mobilitazioni sociali non si limiterebbe a manifestazioni finora inascoltate, ma cancellerebbe alcune delle peggiori leggi introdotte dal governo. Oggi è possibile un impegno comune di cittadini, movimenti, reti, associazioni, sindacati per arrivare a una larghissima partecipazione al voto del 12-13 giugno, che porti a raggiungere il quorum e al successo dei SI. Noi vogliamo impegnarci per quest’obiettivo: per mettere l’Italia sulla via di uno sviluppo più sostenibile e di una democrazia più partecipata.

Primi firmatari

don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, L’Aquila
Andrea Bagni, Rete@sinistra
Laura Balbo, sociologa
Loris Campetti, Il Manifesto
Roberta Carlini, Sbilanciamoci.info
Alessio Ciacci, Comuni Virtuosi
Mariano di Palma, Unione degli studenti
Tonio Dell’Olio, Libera
Monica Di Sisto, Fair
Anna Donati, ambientalista
don Paolo Farinella, parroco di San Torpete, Genova
Gianluca Felicetti, presidente LAV
don Walter Fiocchi, parroco di Castelceriolo, Alessandria
Paolo Flores d’Arcais, direttore di Micromega
Luciano Gallino, Università di Torino
don Raffaele Garofalo, prete
Paul Ginsborg, Libertà e Giustizia
Roberto Iovino, Rete della Conoscenza
Maurizio Landini, Segretario generale Fiom Cgil
Flavio Lotti, Tavola della Pace
Giulio Marcon, Coordinatore Campagna Sbilanciamoci
Gianni Mattioli, Comitato Vota SI per fermare il nucleare
Grazia Naletto, Lunaria
Davide Orecchio, direttore Rassegna.it
Mimmo Pantaleo, Segretario generale Flc Cgil
Massimo Paolicelli, Associazione Obiettori Nonviolenti
Giorgio Parisi, fisico
Mario Pianta, Sbilanciamoci
Sergio Andreis, Lunaria
Anna Picciolini, Associazione per una sinistra unita e plurale, Firenze
Gabriele Polo, Il Manifesto
Guglielmo Ragozzino, Sbilanciamoci.info
Claudio Riccio, Link-Coordinamento universitario
Gianni Rinaldini, Coordinatore “La Cgil che vogliamo”
Edo Ronchi, ambientalista
Rossana Rossanda, Il Manifesto
Massimo Scalia, Comitato Vota SI per fermare il nucleare
Paolo Serventi Longhi, direttore di Rassegna Sindacale
Gianni Silvestrini, direttore scientifico QualEnergia
Massimo Torelli, Rete@ sinistra
Guido Viale, economista
Sara Vegni, Comitato 3 e 32 L’Aquila

 
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Pubblicato da su 7 giugno 2011 in News